Ulteriori scavi, tuttora in corso (autunno 2013), nel versante est di “Colle Noci”, hanno portato in evidenza per c.a. 100 m un tratto perfettamente conservato della via Labicana su cui si sviluppa un'ampia area funeraria, della quale sono state individuate sinora più di cento sepolture.
Le tombe ad inumazione, di livello assai modesto seppure non vi manchi qualche elemento di corredo e in alcun caso addirittura degli oggetti d’ornamento in metallo prezioso, si raggruppano in gruppi presumibilmente distinti per nuclei familiari e sono del tipo a cassone, a cappuccina e enchytrismos. connesse verisimilmente con le fasi medio-tardo imperiali della villa, distante poche centinaia di metri.
Il complesso è stato messo in relazione con la villa imperiale esistente nel territorio di Labici, ove Massenzio avrebbe ricevuto notizia della elevazione alla dignità imperiale nel settembre del 306 d.C. (Epitome de Caesaribus, 40, 2: “Maxentius imperator in villa sex milibus ab urbe discreta, itinere Lavicano”, ove sarebbe da correggere il dato sulle miglia), originata a quanto pare da un Labicanum di proprietà di Giulio Cesare, che vi avrebbe dettato, secondo Svetonio, il proprio testamento alle idi di settembre del 45 a.C. Il rinvenimento all’inizio del XVIII secolo di due dediche a Massenzio e alla moglie Valeria Massimilla da parte del loro figlio Romolo nei terreni fra la Villetta Rospigliosi e il fortilizio medievale detto Torre di Mezza Selva o delle Marmore (cioè dei marmi), rende probabile che la residenza imperiale si trovasse piuttosto in quell’area che in quella dei nuovi rinvenimenti, che andranno eventualmente riferiti alla località di ad Statuas, posta al XVIII miglio della via Labicana dalla Tabula Peutingeriana, come mostra il confronto calzante con le terme della mansio di Baccano sulla via Cassia (Gazzetti 1991), sebbene nulla escluda che la villa di origine alto-imperiale individuata nel 2010 verso via della Resistenza fosse integrata nella vicina residenza, che doveva essere strutturata, sul modello delle ville della media età imperiale, come organismo policentrico dotato di più padiglioni. L'espansione del complesso per mezzo dell'inserimento di un grande settore termale ad evidente carattere pubblico, unitamente alla sua adiacenza alla via Labicana, sembrerebbe in ogni caso avvalorare l’identificazione del sito con la possibile stazione del cursus publicus di ad Statuas, la quale deriverebbe la denominazione dagli ornamenti della vicina villa imperiale. La pertinenza del rudere di probabile ninfeo che si eleva nella bassura a sud del colle della Villetta alle terme di età tardo antica, datazione che pare da assegnare all’importante edificio, prossimo alle architetture mistilinee caratterizzanti le residenze periurbane dei Gordiani e del Sessorium, sembra d’altronde indirizzare le ricerche su quell’area, ove peraltro si rivenne un complesso di tale funzione, invero di livello piuttosto modesto, in occasione della costruzione della bretella Fiano-San Cesare. Della presenza in zona di una villa e di fundi di proprietà imperiale, a prescindere dalla giustezza dell’opinione di chi vi derivi l’origine del patrimonium Labicanum di proprietà della Chiesa di Roma, fanno fede d’altronde, più ancora che i materiali raccolti dai Rospigliosi ad ornamento del borgo e del Palazzo di Zagarolo, tra cui una monumentale vasca da terma in granito, le numerose iscrizioni di servi e liberti imperiali rinvenute in zona, ovvero nei dintorni in direzione della via Praenestina.
Le tombe ad inumazione, di livello assai modesto seppure non vi manchi qualche elemento di corredo e in alcun caso addirittura degli oggetti d’ornamento in metallo prezioso, si raggruppano in gruppi presumibilmente distinti per nuclei familiari e sono del tipo a cassone, a cappuccina e enchytrismos. connesse verisimilmente con le fasi medio-tardo imperiali della villa, distante poche centinaia di metri.
Il complesso è stato messo in relazione con la villa imperiale esistente nel territorio di Labici, ove Massenzio avrebbe ricevuto notizia della elevazione alla dignità imperiale nel settembre del 306 d.C. (Epitome de Caesaribus, 40, 2: “Maxentius imperator in villa sex milibus ab urbe discreta, itinere Lavicano”, ove sarebbe da correggere il dato sulle miglia), originata a quanto pare da un Labicanum di proprietà di Giulio Cesare, che vi avrebbe dettato, secondo Svetonio, il proprio testamento alle idi di settembre del 45 a.C. Il rinvenimento all’inizio del XVIII secolo di due dediche a Massenzio e alla moglie Valeria Massimilla da parte del loro figlio Romolo nei terreni fra la Villetta Rospigliosi e il fortilizio medievale detto Torre di Mezza Selva o delle Marmore (cioè dei marmi), rende probabile che la residenza imperiale si trovasse piuttosto in quell’area che in quella dei nuovi rinvenimenti, che andranno eventualmente riferiti alla località di ad Statuas, posta al XVIII miglio della via Labicana dalla Tabula Peutingeriana, come mostra il confronto calzante con le terme della mansio di Baccano sulla via Cassia (Gazzetti 1991), sebbene nulla escluda che la villa di origine alto-imperiale individuata nel 2010 verso via della Resistenza fosse integrata nella vicina residenza, che doveva essere strutturata, sul modello delle ville della media età imperiale, come organismo policentrico dotato di più padiglioni. L'espansione del complesso per mezzo dell'inserimento di un grande settore termale ad evidente carattere pubblico, unitamente alla sua adiacenza alla via Labicana, sembrerebbe in ogni caso avvalorare l’identificazione del sito con la possibile stazione del cursus publicus di ad Statuas, la quale deriverebbe la denominazione dagli ornamenti della vicina villa imperiale. La pertinenza del rudere di probabile ninfeo che si eleva nella bassura a sud del colle della Villetta alle terme di età tardo antica, datazione che pare da assegnare all’importante edificio, prossimo alle architetture mistilinee caratterizzanti le residenze periurbane dei Gordiani e del Sessorium, sembra d’altronde indirizzare le ricerche su quell’area, ove peraltro si rivenne un complesso di tale funzione, invero di livello piuttosto modesto, in occasione della costruzione della bretella Fiano-San Cesare. Della presenza in zona di una villa e di fundi di proprietà imperiale, a prescindere dalla giustezza dell’opinione di chi vi derivi l’origine del patrimonium Labicanum di proprietà della Chiesa di Roma, fanno fede d’altronde, più ancora che i materiali raccolti dai Rospigliosi ad ornamento del borgo e del Palazzo di Zagarolo, tra cui una monumentale vasca da terma in granito, le numerose iscrizioni di servi e liberti imperiali rinvenute in zona, ovvero nei dintorni in direzione della via Praenestina.